Guida dei principali ambienti subacquei del Golfo di Napoli
 
di Guido Villani
 
Dal punto di vista geologico, possiamo immaginare il bacino del Golfo di Napoli come suddiviso in due settori da una linea teorica che congiunge Punta Carena, l'estremità occidentale dell'isola di Capri, con Capo Posillipo; tale linea si estende lungo la batimetrica di 200 m. e costituisce il limite profondo della vasta piana fangosa e, al tempo stesso, delimita il margine superiore del canyon dell' "Ammontatura" (1).
Carta del golfo di Napoli
Il settore sud-orientale è caratterizzato da substrato di natura carbonatica che affiora con l'isola di Capri e tutta la penisola Sorrentina e la Costiera Amalfitana. Quest'area presenta pertanto una peculiare geomorfologia costiera con numerosissime grotte emerse e sommerse disseminate lungo pareti alte e scoscese di roccia calcarea molto chiara, che si protendono in mare con forti pendenze fino ad una profondità di oltre cinquanta metri dove comincia un fondale piuttosto regolare e formato da un'ampia piana fangosa lievemente degradante verso Ovest. Unico affioramento roccioso considerevole presente in questo settore è la "Secca di Vico Equense" meglio nota come "Banco di Santa Croce"(2). Il settore nord-occidentale, che include i Campi Flegrei e le due isole di Procida ed Ischia, presenta invece una notevole attività vulcanica ed è costituito da substrato solido di natura tufitica ed ignimbritica. Conseguenza diretta della natura vulcanica dell'area Flegrea è il paesaggio tormentato ed irregolare dei fondali, che in questo settore, presentano numerosi affioramenti, generalmente formati da resti di coni vulcanici, come la secca di Miseno (3), di Penta Palumbo (4), la Fumosa (5), le Formiche (6), la Catena (7); sono inoltre presenti due profondi canyons che giungono in vicinanza della costa presso l'isola di Procida (8) e presso Nisida (9). Passiamo ora ad analizzare la distribuzione di alcune delle comunità (Nota1) bentoniche (Nota 2) più significative presenti sui fondali del Golfo di Napoli fornendo alcune indicazioni inerenti la biologia delle specie di maggior interesse ecologico e paesaggistico che è possibile incontrare nei vari popolamenti animali e vegetali. Tra i vari parametri ambientali che condizionano la vita degli organismi bentonici, l'illuminazione ed i movimenti delle acque, insieme alla diversa natura del substrato, costituiscono fattori di primaria importanza nel determinare la distribuzione, la struttura e la dinamica dei popolamenti biologici osservabili sui fondali marini. In linea di massima, le variazioni che i vari fattori ambientali presentano lungo l'asse verticale, condizionano direttamente la distribuzione delle comunità bentoniche che appaiono, pertanto, distribuite in fasce parallele alla superficie del mare. E' però assai frequente osservare come questa distribuzione sia tutt'altro che rigorosa, in quanto i fattori ambientali presentano molto spesso variazioni sostanziali anche sull'asse orizzontale, osservandosi in questi casi una distribuzione a macchie delle comunità (enclavi Nota 3). La vita degli organismi vegetali nel mare è limitata solo alla fascia più superficiale, la cosiddetta "zona fitale o fotica", quì l'intensità della luce consente di effettuare la fotosintesi clorofilliana, quel meraviglioso processo foto-chimico, indispensabile alla vita non solo negli oceani ma anche sulle terre emerse. L'estensione di questa fascia varia secondo il grado di torbidità dell'acqua e nel Golfo di Napoli mediamente supera raramente i 30-35 metri, ed è quindi prevalentemente in questa zona che si sviluppa maggiormente la vita nel mare e dove le piante possono giocare un ruolo determinante nella struttura e nell'economia dell'intera comunità bentonica. Infatti è possibile osservare come, laddove la profondità, le caratteristiche geomorfologiche ed il tenore d'illuminazione del fondo lo consentono, si sviluppano popolamenti di tipo "fotofilo" (Nota 4) che presentano una forte dominanza di organismi sessili di tipo vegetale, mentre a maggiore profondità, sotto le sporgenze, nelle fenditure della roccia, sulle pareti esposte a nord e nelle grotte, su tutti i substrati dove in pratica arriva meno luce, i popolamenti fotofili vengono gradualmente sostituiti da popolamenti "sciafili" (Nota 5) caratterizzati dalla dominanza di organismi bentonici (Nota 2) di tipo animale, che meglio si adattano a vivere in condizioni di luce attenuata o assai scarsa. Vi sono molte alghe che si sono adattate a vivere in ambiente sciafilo in quanto presentano particolari adattamenti fisiologici che permettono loro di svilupparsi anche in condizioni di luce attenuata. Tipiche alghe sciafile sono alcune Rodoficee (Nota 6), che meglio si adattano a vivere in assenza di luce diretta quando sono più vicine alla superficie e che risultano dominanti sulle altre alghe soprattutto in profondità. Le peculiari caratteristiche geomorfologiche del settore nord-occidentale del Golfo di Napoli, che presenta pendenze mediamente assai lievi del fondo, favoriscono lo sviluppo di popolamenti "fotofili" assai estesi, costituiti sia da numerose specie di Alghe, in prevalenza Cloroficee (Nota 7) e Feoficee (Nota 8), che da estese praterie di Fanerogame marine (Nota 9). Nel settore sud-orientale, invece, l'elevata inclinazione della costa, riduce considerevolmente la quantità di luce che arriva su questi fondali; ciò ha come diretta conseguenza la notevole riduzione dei popolamenti "fotofili", la cui estensione raramente supera i primi 10 metri di profondità, mentre risulta favorito l'impianto di cospicui popolamenti di tipo "sciafilo" che, talvolta, risalgono anche a pochissimi metri. Dal punto di vista del paesaggio sommerso, una delle comunità più belle e complesse del bentos mediterraneo è, senza dubbio, la biocenosi conosciuta come "coralligeno" (Nota 10), che nel Golfo di Napoli è molto ben rappresentata in tutta la costa sorrentino-amalfitana, sulle numerose secche sparse nella baia e su alcune pareti con forte pendenza presenti sulle isole partenopee. Quella del coralligeno è una comunità strutturalmente assai complessa costituita da una grande diversità di specie che, grazie alle particolari condizioni ambientali, riescono a coesistere in uno spazio molto limitato. Questa comunità, tipica delle falesie sommerse del Mare nustrum, riveste grande interesse dal punto di vista biologico e naturalistico ed è caratterizzata da condizioni ambientali mediamente stabili con correnti regolari e continue, acque costantemente fredde e luce assai scarsa con prevalenza delle tonalità del blu. E' senza dubbio il rosso, con molteplici ed intense tonalità, il colore dominante che caratterizza le associazioni biologiche che si rinvengono in questi fondali, anche se, la luce di un faro è sufficiente per oservare tantissimi organismi dai colori più disparati che si contendono tutto lo spazio disponibile in una lenta ed incessante lotta. Un discorso a parte va fatto per le numerose (oltre 50) grotte sommerse presenti lungo le falesie sommerse della costiera sorrentino-amalfitana. L'estrema riduzione o la totale assenza della luce, unitamente alla riduzione dell'idrodinamismo e della temperatura, crea condizioni ambientali assai limitanti che rendono praticamente impossibile la vita della maggior parte delle alghe e consentono, invece, la formazione di "enclavi" superficiali che facilitano la risalita di organismi tipici della fauna profonda. Ogni grotta presenta caratteristiche geo-morfologiche diverse che condizionano la circolazione dell'acqua al suo interno e che, di riflesso, ne determinano la composizione e la distribuzione degli organismi. In linea generale, soprattutto nelle parti più interne e meno accessibili, vi è spesso una consistente diminuzione del movimento dell'acqua rispetto all'esterno e questo ridotto idrodinamismo limita la presenza degli organismi, in particolare i filtratori, favorendo l'insediamento di specie specializzate (nota 11) che meglio si adattano ad utilizzare come fonte di nutrimento l'abbondante detrito organico disponibile in questi ambienti. Le grotte si trovano a profondità molto variabili, ma ciò che richiama immediatamente l'attenzione dell'osservatore a mano a mano che ci si avvicina all'entrata è il cambiamento alquanto repentino del paesaggio sommerso in conseguenza delle variazioni sia qualitative che quantitative degli organismi dei popolamenti delle biocenosi circostanti. Quando una grotta si trova a pochissima profondità è possibile osservare, limitatamente all'entrata, alcune alghe, soprattutto feoficee e rodoficee tipiche di ambienti sciafili, che ben si adattano ad un tenore di luce più ridotto. Le uniche alghe che riescono a sopravvivere in prossimità delle entrate delle grotte che si trovano a maggiori profondità sono alcune rodoficee calcaree, tipiche peraltro di ambienti sciafili come il coralligeno; ciò conferisce ai popolamenti delle grotte una apparente analogia paesagistica con questa comunità, anche se lo strato inferiore di concrezione è, generalmente, molto meno sviluppato e poco adatto all'insediamento di una endofauna consistente, mentre spesso mancano quei grandi invertebrati filtratori di aspetto arborescente che costituiscono lo strato eretto del coralligeno. Nelle grotte, invece è lo strato intermedio che si presenta ben sviluppato e dove vivono la maggior parte degli organismi bentonici che caratterizzano questa comunità.
 
NOTE

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